giovedì 20 maggio 2010

Le Alpi del Sud

E' in una sorta di apnea un po' addormentata che esco di casa, prendo la rer, arrivo a Orly e salgo sull'aereo. Compilo anche un questionario senza capire bene su cosa. Realizzo meglio dove mi trovo solo quando vedo il mare della costa azzurra fare capolino fuori dal finestrino: stiamo atterrando a Nizza. E ancora senza sapere bene come, mi ritrovo sul treno regionale che mi deve portare ad Annot, tra le Alpi provenzali. Il treno è costituito solo da un paio di corti vagoni, con locomotiva diesel integrata. Mi siedo, rifiato. Poco prima della partenza, compare il controllore, che dal fondo del vagone estrae una sorta di cartelletta e guarda i passeggeri: non vorrà mica fare l'appello? No, il treno parte senza verificare che non ci siano assenti, e forse il controllore conta le fermate, o i tempi di percorrenza, o chissà, il numero di marmotte avvistate lungo il percorso.
Il convoglio risale il fiume Var, si inserisce in una valle che si stringe sempre più tra le montagne. Dopo pochi minuti, il mare è già un ricordo lontano.
Seduti accanto a me, due tedeschi corpulenti filmano entusiasti il viaggio con una telecamera da professionisti: che stiano facendo un reportage? Sarà. Io vorrei appisolarmi, come sempre su un treno, ma gli scossoni e gli strattoni del motore me lo impediscono. Poco lontano, una signora anziana non ha i miei stessi problemi, e si addormenta accasciata sul bracciolo, mezza piegata verso il corridoio. Mi chiedo se sia davvero ancora dei nostri.
Il fiume è stretto e ripido, e una volta passato St Martin du Var, le case spariscono quasi del tutto, rimangono solo la strada e la ferrovia che risalgono la vallata tra gli alberi. Ogni tanto compaiono dei ponti con assi di legno, degni di Indiana Jones, che collegano le due sponde.
Sosta. Il treno si ferma a Non-so-bene-che-du-Var. Il capotreno, con occhiali a specchio e una polo delle ferrovie regionali, scende a fumare una sigaretta; lo segue un ragazzino di quattordici anni, più o meno, zaino in spalle, ha l'aria di qualcuno che prende questo treno tutti i giorni per andare a scuola a Nizza. Il capotreno gli accende una sigaretta. Siamo in mezzo al nulla, è una scena fuori dal tempo. Scende anche il controllore a fumare, con cravatta, iphone e giubbetto catarinfrangente: lui è tutt'altro che fuori dal tempo. I reporter tedeschi riprendono la scena, dai loro sorrisi deduco che non potevano chiedere di meglio. Dopo qualche minuto, arriva anche il treno che viaggia nell'altra direzione, frena, si ferma. Scende il controllore, anche lui con una cartelletta: i due colleghi si stringono la mano, ognuno controlla i fogli dell'altro, mettono una firma. Dopo aver verificato chi di loro abbia avvistato più marmotte, si scambiano un saluto e i due treni ripartono nelle rispettive direzioni.
La vallata si fa sempre più stretta e rocciosa, qualche albero cresce a spiovente sul fiume. Penso che Bob Dylan sia quello che ci vuole in questo momento. Poi la valle si riapre, passiamo ad Entrevaux dove una sorta di muraglia di pietra risale serpeggiando un lato della montagna; molti turisti scendono qui per visitare il posto. Io proseguo ancora per qualche kilometro, fino ad Annot, dove mi aspettano in macchina. Per arrivare fino a Peyresq, meta finale, bisogna salire ancora diverse centinaia di metri.

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